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Immagine del redattoreStefano Catone

25 luglio: in un decennio tutto può cambiare


Se pochi mesi fa è ricorso il centesimo anniversario della marcia su Roma, quindi l’ascesa del fascismo al potere, oggi ne ricorre la caduta. Anche in questo caso, la cifra è tonda: ottant’anni fa, nella notte tra il 24 e il 25 luglio del 1943, un ordine del giorno presentato da Dino Grandi al Gran Consiglio del fascismo apriva la crisi che portava alla caduta del regime di Benito Mussolini. In molti festeggiarono – e festeggiamo oggi anche noi -, come a Campegine, tra Reggio Emilia e Parma, dove la famiglia Cervi preparò chili e chili di pasta asciutta condita con burro e formaggio, che distribuì in piazza e alla gente del paese. Quella fu a tutti gli effetti una festa dopo un ventennio di terrore, nonostante la consapevolezza che la guerra e le violenze non erano finite. C’era ancora da lottare, per liberarsi del fascismo e per liberarsi dei tedeschi, certamente, ma anche per ricostruire dalle fondamenta un Paese sconquassato dalla dittatura e stremato dalla guerra, un Paese in cui intere generazioni furono tenute a scegliere tra il fronte e la persecuzione. Prendeva così forma e si ingrossava la Resistenza, all’interno di un percorso che avrebbe condotto alla nascita della Repubblica e alla stesura della Carta costituzionale.


Come ama ricordare la senatrice Liliana Segre, in un solo decennio si passò dalla vergogna delle leggi razziali (1938) all’entrata in vigore della Costituzione (1948). E nel mezzo di questo decennio c’è proprio il 25 luglio del 1943. In un decennio tutto può cambiare. Dieci anni fa, nel 2013, veniva rieletto Obama, il Movimento 5 Stelle non vinceva di un soffio le elezioni, si verificava la strage di Lampedusa. Fratelli d’Italia, nel 2013, otteneva 666mila voti, pari a meno del 2%. Dieci anni dopo i voti sono diventati 7,2 milioni, pari al 26%. Abbiamo avuto Trump, i governi Conte, e di stragi si continua a morire ogni giorno nel Mediterraneo. Anche oggi, come dieci anni fa, c’è chi straparla di sostituzione etnica: sono sempre le stesse persone, che ora però ricoprono ruoli di governo. E con i loro alleati, al governo in altri paesi europei, saldano alleanze esattamente su questi temi. Vogliono un’Europa dei sovranismi – pur sapendo bene dove ci ha condotto l’Europa dei nazionalismi -, vogliono un’Europa fortezza, vogliono un’Europa bianca.


Quel che viene chiesto a tutti coloro che non sono d’accordo con questo disegno è di essere consapevoli. Felici, ma consapevoli. Proprio come lo furono ottant’anni fa i cuochi della pastasciutta, consapevoli delle scelte che avevano di fronte e dell’impegno che queste scelte avrebbero richiesto.

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