La penultima puntata di Tintoria, il popolarissimo podcast che è anche spettacolo teatrale e canale Youtube condotto da Daniele Tinti e Stefano Rapone, aveva un ospite insolito, ovvero il cronista politico di Repubblica Filippo Ceccarelli. Tema delle quasi due ore e un quarto di intervista, il suo ultimo libro, B. - Una vita di troppo. Sotto al video, che al momento conta oltre 287mila visualizzazioni, commenti entusiastici, con qualcuno che si spinge a dire di aver riso di più sentendo parlare di politica che con tutti i precedenti ospiti che di comicità si occupano per professione.
Il libro, va detto, è una grossa tentazione per gli appassionati, anche perché Ceccarelli non è uno di quei cronisti che tendono a sostituirsi alla cronaca che raccontano. È più un testimone, dei fatti di palazzo, e proprio dai suoi immensi archivi nasce l’opus magnum che ci riporta indietro: a cose che già sappiamo, me ci stupiamo nel rileggerle, a cose che non sapevamo, e a cose che abbiamo dimenticato, e ci troviamo a chiederci come sia stato possibile. È successo davvero? Per mezzo secolo questo Paese è stato forgiato da Silvio Berlusconi, direttamente e non, anche solo per contrapposizione, prima con le sue tivù e poi con la sua discesa in campo. Quindi sì, è successo, e a dirla tutta succede ancora. E si può darne un giudizio morale? Certamente, ma con un’avvertenza: ormai, forse, è inutile.
Presto, e ancora per molti anni a venire, tanti e tante di noi si troveranno a vivere una disturbante sensazione, quando ci capiterà di partire dall’aeroporto “Silvio Berlusconi”, già Malpensa. Vederlo scritto sui biglietti, sentire gli stewart che lo dicono al microfono, sarà veramente troppo, troppo strano. In Parlamento, l’opposizione presenterà un’interrogazione, per sapere quale procedura è stata seguita per l’intitolazione. A Biella - dove succede sempre qualcosa, come ormai i lettori di Ossigeno sanno bene - una consigliera fresca di nomina a vicepresidente del consiglio comunale ha commentato la notizia sui social, ironicamente, chiedendosi se non sarebbe stato più opportuno intitolargli uno di quei centri massaggi che prevendono l’happy ending. L’interessata, peraltro, non è una pasionaria, non è tipo da colpi di testa, è una giovane donna che fa volontariato, che si impegna, che nessuno immaginerebbe in una rissa. Ma la maggioranza di destra che governa la città le si è comunque scagliata contro, duramente. Solo che, insomma, diciamoci la verità, guardiamoci nelle palle degli occhi: non ce n’era bisogno. Loro gli hanno intitolato un aeroporto e continueranno a lavorare per trasformarlo in un padre della patria, e a noi toccherà di partire e di atterrare dall’aeroporto Silvio B., tenendoci la libertà di ricordare, ogni tanto, che però era un sessuomane, tra le altre cose. Se proprio dobbiamo fare un bilancio, sono loro ad averci guadagnato.
La storia repubblicana è densa di personaggi che hanno vissuto stagioni più o meno lunghe e memorabili, ma tutto sommato in settant’anni a segnare davvero l’identità politica degli italiani è stato un pugno di personalità: De Gasperi, Togliatti, Moro, Berlinguer, Andreotti, Pertini, Craxi e infine Berlusconi. E poi basta, il resto è contorno. Hanno plasmato i tempi a venire, almeno per un po’, e infatti la destra governa questo Paese, oggi, grazie all’intuizione avuta da Berlusconi trent’anni fa. I fascisti non possono governare la Francia, dicevano molti commentatori dopo le elezioni dei giorni scorsi, perché non hanno avuto qualcuno che li sdoganasse come invece ha fatto Berlusconi in Italia. Parole sante. Tra l’altro, se c’è chi lo ha trattato male nei suoi ultimi giorni sono stati proprio i suoi amici, quelli che sono lì grazie a lui e che dovrebbero baciarsi i gomiti ogni giorno, per riconoscenza.
In vita, di solito, Berlusconi ha sempre avuto ragione, in un modo o nell’altro, anche quando ci sembrava impossibile. È ironico che le sue ultime battaglie le abbia combattute contro Giorgia Meloni e Matteo Salvini, un finale a sorpresa per uno che per tutta la vita ha gridato al pericolo comunista, ma anche molto indicativo. Se proprio dobbiamo discutere della sua eredità, forse potremmo comportarci come se quelle fossero le sue ultime volontà.
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