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Immagine del redattoreAndrea Laerte Davide

Ci sono o ci fanno? il caso Albania


Come sarebbe andata con i migranti in Albania, lo avevano preannunciato giudici, magistrati, giornalisti e politici. Era evidente, più o meno a tutti, che l’impianto su cui si basa l’accordo con Edi Rama fosse fallace dal punto di vista giuridico, per tacere della disumanità alla base dell’idea. Bastava aver letto leggi e sentenze al riguardo.

Meloni, Piantedosi ed il resto del governo non potevano non sapere, ma hanno preferito proseguire con un operazione dai costi previsti per il nostro Paese, o nazione come preferiscono dire loro, di quasi un miliardo di euro in 5 anni.

Ora, delle due l’una: ci sono o ci fanno?

 

Perché non avere comprensione di un quadro giuridico abbastanza chiaro, farebbe degli esponenti di questo governo la classe dirigente più scarsa della storia repubblicana. Certo, abbiamo alcuni protagonisti che farebbero propendere verso questa spiegazione. Ma siamo sicuri sia realmente così o che ci sia solo questo?

Il dubbio che i CPR in Albania siano solo un altro mezzo, in un  continuo gioco al rialzo, nello scontro con gli altri poteri dello Stato e per testare i limiti di sopportazione della popolazione, dovrebbe sfiorarci.

Se inseriamo gli accordi con l’Albania all’interno di un quadro più generale, si può notare un pattern ricorrente: intervento sensazionalistico/propagandistico, bocciatura dagli organi giudiziari e di parte dell’opinione pubblica, rialzo della posta. Tanto è vero che, anche in questo caso, il governo si è subito affrettato a convocare un CDM straordinario per risolvere il flop albanese, probabilmente per provare a cambiare le regole del gioco. Magari con qualche assist europeo, come fanno presagire le parole di Von der Leyen.

 

Del resto le dichiarazioni scomposte di Tajani, Nordio, Piantedosi e tanti altri esponenti della maggioranza, spiegano bene la concezione della ripartizione dei poteri che ha la destra nostrana. Altro che pieni poteri del Salvini papeetiano, la faccenda si fa più seria.

Nel frattempo, lentamente, assistiamo ad una militarizzazione del territorio e ad una progressiva compressione dei diritti, a partire da quello di manifestare dissenso. Compressione dei diritti che è partita, come sempre, dalle categorie marginali o emarginate. È iniziato tutto con i rave, chi lo ricorda? Poi si è passati agli attivisti climatici, creando reati ad hoc. E ancora alle ONG e ai migranti (per l’ennesima volta), ai detenuti, stringendo man mano le maglie, come dimostra il DDL Sicurezza. Prima o poi arriveremo al punto che, senza quasi accorgercene, toccherà proprio a tutti. Ma in quel momento potrebbe essere già troppo tardi per renderci conto se ci sono o ci fanno.

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