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Immagine del redattoregiuseppe civati

E la quarta volta siamo annegati. Sul sentiero della morte che porta al Mediterraneo



Gli altri, in questo caso, sono i “loro” contrapposti dalla propaganda di governo a “noi”, italiani, brava gente.


Sally Hayden, E la quarta volta siamo annegati. Sul sentiero della morte che porta al Mediterraneo, Bollati Boringhieri, Torino 2023.


Leggete questo libro. Regalatelo ai vostri amici di destra e a quelli che ancora fingono di non capire che cosa succede ai migranti, in Libia, sulle rotte delle migrazioni, in mezzo al mar Mediterraneo.


Ponetevi il problema, per un momento: siete voi a voler cambiare Paese ma non avete il visto, il vostro passaporto non va bene, non è come quello dei paesi ricchi, è un passaporto che non vale nulla.


Non avete percorsi legali per trasferirvi. Se la vostra decisione, per mille ragioni, è urgente, prendete tutti i soldi che avete e ve li fate prestare dai vostri familiari (spesso gli stessi familiari che intendete raggiungere) e vi affidate a chi vi promette il passaggio. Venite fermati, imprigionati, ricattati, pestati, violentati, a volte per mesi e mesi. Siete costretti a lavorare come schiavi.


Tutto il mondo conosce le vostre condizioni, nota Hayden, a cominciare dalle agenzie internazionali che dovrebbero proteggervi, facendo rispettare i diritti umani basilari. Tutti sanno dove vi trovate. Quando arrivano i controlli, c’è anche il rischio che finisca come a Terezín nel 1943, con una rappresentazione palesemente falsa delle condizioni di vita del campo. A titolo non solo difensivo ma addirittura propagandistico.


Lo sanno i governi, lo sa l’Onu, lo sanno tutti. E tutti vi partecipano. Anche le forze progressiste – quelle italiane sono spesso citate nel libro e si dovrebbero particolarmente vergognare – con la giustificazione (!) che altrimenti vince la destra. Che infatti vince, sempre di più.


Se riuscite a recuperare un telefono, tenetelo nascosto, e limitate al massimo le comunicazioni. Magari cercando qualcuno che possa parlare di ciò che state subendo. Un giornalista, come in questo caso, perché tutto questo lavoro della reporter irlandese parte proprio da un messaggino.


Mi capitò di pensarci sul molo di Catania dove Salvini aveva fermato la nave Diciotti impedendo lo sbarco di 150 persone, già trattenute in mezzo al mare. Intervistato da una tv, dissi: pensate se fossero di Gallarate (allora sede della nostra casa editrice). La risposta della parte politica ora al governo non si fede attendere: il sindaco scrisse un post su Facebook in cui mi spiegava un sacco di cose, la prima era che quelli di Gallarate pagano le tasse. Aveva capito tutto. Proprio tutto.


Speriamo che ai gallaratesi, agli italiani e agli europei non debba mai capitare ciò che accade agli eritrei, agli afghani e alle altre popolazioni coinvolte in questo scandalo universale. Speriamo non capiti più per nessuno, in un mondo che invece sta diventando sempre più violento e disumano.


Chissà che un giorno queste stesse persone non ci chiedano conto di ciò che accade da tempo, con una particolare strategia della cattiveria dal 2017 a questa parte. Per rispondere, non basterà un post sui social. No, non basterà.

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