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Immagine del redattoreFranz Foti

Elon Musk, il vincitore (im)morale


Foto di Bret Hartman / TED (CC BY-NC 2.0)

Come scritto nell'appuntamento precedente di questa newsletter, se l'indiscusso trionfatore delle elezioni di martedì scorso è l'ex e futuro presidente Donald Trump, il vincitore (im)morale di questa tornata elettorale è il suo principale sponsor e ormai strettissimo consigliere e collaboratore, Elon Musk.

 

Uomo più ricco del mondo, patron di SpaceX, Tesla, la piattaforma social X, Starlink e una vasta costellazione di imprese, Musk è stato infatti uno degli indiscussi protagonisti della campagna elettorale appena conclusasi, e si avvia ad essere una delle figure centrali della prossima presidenza Trump, in una commistione tra interessi pubblici e privati senza precedenti persino per un paese come gli Stati Uniti non certo nuovo a questo tipo di ingerenze, da William Randolph Hearst a Nelson Rockefeller.

 

Da quando, in seguito al fallito attentato ai danni di Trump dell'estate scorsa, Elon Musk ha dichiarato apertamente il suo sostegno all'ex presidente, il multimiliardario sudafricano ha infatti acquisito un ruolo via via sempre più importante nell'entourage del palazzinaro del Queens, arrivando a investire oltre 130 milioni di dollari nella sua rielezione, partecipando da protagonista a comizi e raduni trumpiani fino a sostituirsi alla macchina stessa del Partito repubblicano nella gestione sul campo della campagna elettorale.

 

E perché mai Musk avrebbe dovuto investire una cifra che, per quanto modica rispetto al suo smisurato patrimonio, è comunque probabilmente il più consistente finanziamento da parte di un singolo cittadino nella storia elettorale americana? I motivi sono mille, anzi sono miliardi. Per la precisione 26. Il giorno dopo la vittoria di Trump, infatti, le azioni di Tesla hanno visto crescere il loro valore al punto da far guadagnare in un solo giorno 26 miliardi di dollari a Elon Musk, che ha visto quindi il suo investimento moltiplicarsi di duecento volte. Ma ciò che si appresta a guadagnare va persino oltre questa cifra a dir poco impressionante.

 

Senza neanche contare i benefici enormi che l'uomo più ricco del mondo trarrà dagli sgravi fiscali promessi da Trump ai grandi patrimoni, il suo rapporto privilegiato col Presidente e il suo ormai annunciato coinvolgimento diretto nel governo gli daranno accesso a un potere - e a un conflitto di interessi - smisurato: Musk, infatti, è già oggi titolare di appalti governativi del valore di decine di miliardi grazie al supporto che le sue aziende danno al Pentagono, alla Nasa e alla pubblica amministrazione USA. Appalti quasi certamente destinati a moltiplicarsi.

 

Non solo, la sua sfera di influenza si estende ormai alla stessa costruzione della squadra di governo. Assieme all'amico Peter Thiel - anche lui multimiliardario e grande finanziatore di Trump - Musk già mesi fa ha messo una prima pedina nello scacchiere del prossimo gabinetto repubblicano, sponsorizzando proprio la nomina a vicepresidente del protégé di Thiel, JD Vance. Non pago, come rivelato dal New York Times, oggi Musk chiede a Trump di avere suoi uomini di fiducia tanto alla difesa quanto alle telecomunicazioni e all'ambiente. È bene infatti ricordare, oltre agli appalti di SpaceX e Starlink, che una delle principali fonti di introiti per la sua Tesla non risiede tanto nella vendita delle auto elettriche, quanto nella cessione del tax credit per le mancate emissioni di CO2 alle aziende inquinanti come gli altri colossi dell'automobile. Tax credit che possiamo stare certi saranno l'unica politica "verde" che Trump non taglierà mai. Ed è più che probabile che nelle settimane a venire vedremo chiudersi o finire nel dimenticatoio le molte indagini che il Dipartimento di Giustizia aveva aperto nei confronti del multimiliardario sudafricano negli ultimi quattro anni.

 

Come se tutto ciò non bastasse a dipingere un quadro inquietante, quei 130 milioni hanno permesso a Musk di comprarsi anche un posto al tavolo della politica mondiale. Ha fatto giustamente scalpore la notizia che nelle sue telefonate dei giorni scorsi con Zelensky prima ed Erdogan poi, Donald Trump abbia avuto al suo fianco proprio Elon Musk, che ha anzi preso in entrambi i casi il ricevitore per parlare direttamente con i due leader. E non è un caso se qualche giorno fa la premier Meloni ha postato - ovviamente su X - una foto abbracciata all'uomo più ricco del mondo dicendosi sicura che la loro amicizia porterà grandi benefici anche al nostro paese.

Al punto che viene da domandarsi se, pur essendo Donald Trump il prossimo inquilino della Casa Bianca, il padrone di casa non sia diventato Elon Musk.


America vs America è la rubrica dedicata alla politica USA della nostra rivista, una newsletter settimanale riservata alla comunità di People e anche un libro dedicato alle ultime elezioni statunitensi, scritto da Paolo Cosseddu e Francesco Foti.

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