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Immagine del redattoregiuseppe civati

Esproprio milionario


Sono anni che Riccardo Staglianò nei suoi reportage per il Venerdì di Repubblica e attraverso i suoi libri (che pubblica Einaudi) ci descrive una traiettoria che tutti conosciamo ma che, per le ragioni già ricordate nella puntata precedente, non riusciamo a razionalizzare e a definire politicamente.

 

In Hanno vinto i ricchi, il suo ultimo libro, uscito alla fine di settembre del 2024, Staglianò riprende il filo che aveva sviluppato in Gigacapitalisti (Einaudi, 2022) e che ci racconta quello che trovate anche in questa newsletter – con particolare riguardo al punto di vista dei ricchi. Che sono diventati sempre più ricchi proprio mentre crescevano i poveri, i salari diminuivano e, benché la produttività continuasse a crescere, il profitto prendeva sempre più spazio rispetto al lavoro. Come ognuno capirà non si tratta di coincidenze ma di conseguenze di scelte ben precise.

 

Per le stesse irragionevoli ragioni le politiche pubbliche sono state e sono egemonizzate dai tassapiattisti, quelli che rimuovono l’esistenza dell’articolo 53 della Costituzione italiana, e continuano ad abbassare le tasse a chi potrebbe permettersi di pagarne di più, senza avere cura delle difficoltà a cui va incontro tutta l’offerta pubblica, che è sempre meno universale e sempre più privatizzata.

 

Gli esempi che porta Staglianò, che sceglie i numeri come dramatis personae della propria storia, sono molto simili a quelli che troverete in Socialismo tascabile e nelle prossime puntate, ma ce n’è uno soprattutto che mi ha colpito e che l’autore ha pubblicato anche in un recente pezzo proprio sul settimanale per cui lavora («I ricchi scendono in campo», il Venerdì, 20 settembre 2024 – il titolo del numero è «Lotta di tasse»).

 

Si tratta dello strano e per certi versi inverosimile caso dei Milionari patriottici, così si definiscono, che a livello globale chiedono di essere tassati più di quanto non accada. Lo fanno da anni, ormai, scrivono lettere e appelli, concedono interviste alla stampa e alla tv, senza che nessuno li ascolti, quasi non si trattasse di persone da prendere davvero sul serio. Del resto, hanno proposte più radicali di quelle della sinistra parlamentare di molti paesi, compreso il nostro, e si rivolgono ai potenti in campo politico per avere un maggior carico fiscale.

 

Il titolo che Staglianò ha scelto per il suo pamphlet è evidentemente buffettiano (nel senso di Warren Buffett, che già una dozzina di anni fa faceva notare che la sua segretaria pagava aliquote più alte delle sue e che la guerra di classe c’è stata eccome, e l’hanno appunto vinta i ricchi) e ci invita a seguire questi milionari spericolati.

 

Questi tipi strani sono più numerosi nel Regno Unito (90), in Francia (più di 30) e negli Usa (70). In Italia sono solo tre, un’unica famiglia, la madre e i due figli. L’altro milionario che si è detto finora interessato, e sarebbe il quarto, è il nipote del fondatore dell’Amplifon (e questo darebbe la stura a una serie di battute sulla capacità di ascoltare pari a zero che la politica ha dimostrato anche nei loro confronti).

 

Su 457.000 milionari italiani, dunque, solo loro. Sono Veronica Marzotto, presidente della fondazione Marzotto, figlia del conte Paolo e nipote di Gaetano Junior, ricorda Staglianò, e i suoi due figli, Guglielmo e Giorgiana. I due fratelli sono i Notarbartolo di Villarosa, che già detto così si capisce che non siano indigenti, proprietari di feudi in Sicilia ma molto ricchi soprattutto in quanto eredi del patrimonio Marzotto.

 

Al di là dell’ironia, che non può non accompagnare questa storia, Staglianò fa notare come siano loro le voci più radicali e più credibili quando si tratta di parlare di patrimoniali e di progressività fiscale.

 

Se pensate che sia una provocazione, però, state sbagliando di grosso. In rete, troverete una bella intervista a Giordana Notarbartolo, che spiega molte cose che andrebbero messe al centro del dibattito politico generale («Notarbartolo: “Troppe disuguaglianze, tassarci è questione di giustizia, a cura di Pietro Saccò, Avvenire, 22 maggio 2024). Tra le altre un’illuminante riflessione sulla beneficenza. «La filantropia è necessaria», dice Notarbartolo, e «le donazioni in beneficenza sono senza dubbio una cosa buona». Ma, c’è un ma:

 

Nessuna di queste modalità può sostituire un sistema fiscale equo. Intanto perché è antidemocratico lasciare a pochi ricchi la scelta su quali cause sociali meritino di essere finanziate. Poi è fondamentale sapere che solo il 10% degli ultra-ricchi fa filantropia, tra l’altro con donazioni che in percentuale sono inferiori a quelle di chi ha minori mezzi finanziari. Spesso tra l’altro le donazioni vanno in progetti che riguardano per esempio l’arte, piuttosto che organizzazioni che contrastano la povertà. Ripeto: non può essere l’élite a decidere quali siano le cause più importanti da sostenere.

 

L’intervistatore le chiede, allora, «perché è così difficile creare consenso attorno a misure che penalizzerebbero una piccola parte della popolazione a vantaggio di tutti?». E lei risponde con quella decisione che anche la sinistra politica fatica a trovare:

 

Credo che in parte la risposta è nella sua domanda. Dice “penalizzerebbero”, ma se ci sono degli individui penalizzati oggi sono coloro che dipendono da bassi redditi da lavoro, persone che pagano una percentuale molto più alta di tasse rispetto ai cosiddetti ultra ricchi. Per quelli che beneficiano di queste condizioni fiscali, un sistema in realtà più equo può sembrare ingiusto o addirittura punitivo perché meno favorevole di quello di cui hanno beneficiato fin qui. In generale credo ci sia una resistenza al cambiamento come l’abbiamo visto su altri temi sociali e non, come le quote rosa. Ogni volta che si toglie un privilegio sembra un’ingiustizia. Viviamo in un mondo in cui il costrutto sociale ci dice che quando investiamo dobbiamo massimizzare il profitto, che l’unico modello economico possibile è la crescita, e che dobbiamo minimizzare le tasse che paghiamo… A me sembra che tutto ciò non sia funzionale al nostro benessere. Credo che abbiamo bisogno di un cambio di sistema e per farlo abbiamo bisogno di un cambio di mentalità.

 

Cambio di sistema e cambio di mentalità. Ho finito, vostro onore(vole). Siamo talmente messi male che le voci più ferme e risolute – quasi da esproprio milionario, potremmo dire – sono quelle dei milionari. Segno dei tempi fuori di sesto in cui ci è toccato vivere.

 


Socialismo tascabile è un reading e un libro di Giuseppe Civati, e anche una newsletter settimanale per i lettori di Ossigeno. Puoi acquistare il libro a questo link: https://www.peoplepub.it/pagina-prodotto/socialismo-tascabile

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