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Immagine del redattore Paolo Cosseddu

Giorgia Vs Meloni


È stata una settimana delirante per l’Europa, da far girare la testa, con un esito noto: Giorgia Meloni è rimasta a bocca asciutta. Ma, come si dice, più dell’arrivo è interessante il viaggio che l’ha condotta fin lì. Perché lei c’ha provato, a entrare in partita, ma forse non avrebbe potuto, e forse nemmeno gliel’avrebbero fatto fare. O, più probabilmente, tutte e due le cose. Per giorni, si sono inseguiti messaggi altalenanti: da un lato, qualcuno assicurava che non si potevano nominare i Top Jobs europei senza tenere conto dell’Italia, dall’altro arrivavano veti da chi non voleva assolutamente immischiarsi con quella che dopotutto è la capa della destra europea. L’interessata avrebbe voluto mettere a frutto i lunghi sforzi fatti in questi anni per diventare la migliore amica di Ursula Von Der Leyen, ma contemporaneamente dalla sua stessa famiglia minacciavano sfracelli in caso di accordo. Proprio lei, peraltro, aveva basato tutta la campagna elettorale sulla promessa di cambiare la maggioranza europea: che invece, ironicamente, è una fotocopia esatta della precedente, anche nei suoi interpreti, ed è riuscita a fare a meno del suo contributo pur essendo uscita dal voto più risicata di prima.

 

È finita con due voti contrari su tre e un’astensione, un epilogo da operetta, e gli alleati che strabicamente remavano in direzioni opposte: Tajani che cercava di far passare Meloni per moderata, e Salvini che gridava al golpe. L’astensione, per quanto comica, è un segnale di disponibilità a correre in soccorso dell’amica Ursula se in futuro ve ne fosse bisogno, quindi avremo una maggioranza fragilissima, ufficialmente composta da Popolari, Renew e Socialisti che, nei prossimi cinque anni, a seconda del caso e delle contingenze, quando traballerà, guarderà un po’ di qua e un po’ di là. C’è da bastonare i migranti? Si tratta con la destra di Ecr. Va fatta digerire qualche norma sulla transizione ecologica? Telefoniamo ai Verdi. In casa si sta orgogliosamente su sponde opposte? A Bruxelles si vota insieme, olè. Una roba che farebbe dar ragione agli antieuropeisti anche ad Altiero Spinelli, fosse vivo.

 

Certo, c’è da rallegrarsi che in un certo senso sia attivo un minimo cordone di sicurezza intorno all’avanzare delle destre, per quanto bucherellato e più aggirabile della linea Maginot, visto che qua e là i Popolari non li disdegnano mica, gli accordi di governo con quella gente lì. Ci si consola pensando che poteva andare peggio, ma al tempo stesso viene da preoccuparsi ulteriormente al pensiero che, di questo passo, andrà peggio di sicuro. Una domanda sorge però spontanea: come ha fatto, Giorgia Meloni, a non accorgersi della sportellata che le stava arrivando in faccia? La risposta sta in una questione che aleggiava da un paio di settimane, ma in realtà da anni, e di cui ostinatamente non ha voluto occuparsi fino a ieri, quando ormai i giochi erano chiusi.

 

Ha a che fare con la sua dualità, la doppia faccia con cui si presenta e di cui spesso si discute: da un lato la premier Meloni sullo scenario internazionale, che ha imparato come si sta a tavola, è diventata atlantista, sostiene l’Ucraina e Israele, è affidabile per i partner e i grandi interessi occidentali. Dall’altro Giorgia, la smorfia che fa vedere solo a noi, suo popolo (si spera momentaneamente), o al limite ai convegni della destra globale: quella che sbraita, quella che sulla vera natura delle sue idee glissa, quella che si circonda di manipoli, quella anche un po’ pesciarola alla “regà, arzateve”. Ovviamente non sono due persone diverse, è sempre la stessa, e lo sanno tutti, anche all’estero. Ed è un po’ difficile convincere le famiglie europee del proprio moderatismo se, proprio mentre si è lì a trattare l’argomento, a casa i balilla della sua giovanile inneggiano a Hitler e fanno battute sugli ebrei. Il fatto che ne abbia parlato, e peraltro in modo ampiamente insufficiente, solo dopo che ormai i giochi al tavolo dei grandi erano abbondantemente fatti, ci dice che è lei per prima, a viversi come se fosse due persone distinte, come se i due fenomeni non fossero collegati, come se a Bruxelles potesse andare in un certo modo a prescindere da quanto accade a Roma, in piena negazione della realtà.

 

I filmati di Fanpage sono ovviamente sconvolgenti, ma al tempo stesso anche prevedibili, no? Insomma, qualcuno è davvero stupito che quella sia la cultura politica su cui si fonda Fratelli d’Italia? Al limite, fa impressione vederla predicata in presa diretta, ma di certo non sorprende. E questo perché il problema è antichissimo, è fondativo, diciamo. Qualsiasi leader occidentale la cui organizzazione venisse continuamente pizzicata in quel tipo di esercitazioni nostalgiche farebbe piazza pulita, si presenterebbe a piedi scalzi e col capo cosparso di cenere, non per forza per convinzione, ma perché anche un cretino capisce che chi si fa mettere in quella posizione lì, poi trova solo porte chiuse, diventa radioattivo, appestato. Oppure no, se ne fregherebbe alla grande, e allora però sarebbe orgogliosamente all’opposizione di tutto e di tutti, rivendicherebbe le sue idee e non si lamenterebbe per il fatto di rimanere escluso. Ma lei no: perché non può, ovviamente, ma anche perché a questo punto davvero viene il dubbio che si sforzi talmente tanto nel risultare convincente che, alla fine, si è convinta lei.

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