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Immagine del redattore Paolo Cosseddu

I famosi pozzi petroliferi a zero emissioni di Eni



Ormai il dibattito sulla transizione energetica e sulla crisi climatica è come quella disciplina di arti marziali miste, il valetudo: vale tutto, appunto. E quindi, il gas è pulito, il nucleare è pulitissimo, la plastica è un toccasana, il cemento fa bene alla salute e così via. Perché non spingersi oltre e dire che il petrolio è a emissioni zero? Massì, e infatti Eni annuncia l'avvio di un nuovo impianto in Costa d'Avorio come il "primo progetto a emissioni zero in Africa". Intendendo, immaginiamo, che è l'impianto a essere a emissioni zero (che comunque, sarebbe interessante vederlo, non per mancanza di fiducia si intende), più che il petrolio, ma lasciando quel nonnulla di ambiguità che male non fa, anzi non emette. Intanto, mentre in Europa la destra - compresa ovviamente quella italiana - fa le barricate contro qualsiasi nuova, timidissima norma di tutela ambientale e riduzione delle emissioni, la vera verità è che in Asia, Africa e Sud America si vive una delle fasi di maggior investimento di sempre nell'apertura e ricerca di nuovi siti di estrazione di carburanti fossili: ma si sa, lontano dagli occhi, lontano dal cuore. Invece in Puglia, come altrove, nascono comitati contro nuove pale eoliche "per via delle emissioni che causerebbero", si legge. Quali emissioni derivano dalle pale eoliche, di grazia? Mistero.

Così, dopo il ministro della Cultura che non legge, l'influencer digitale che non posta sui social, i portavoce che parlano a titolo personale, non si vede perché non possano esserci anche i pozzi petroliferi a zero emissioni. Tanto, come dicevamo, vale tutto.

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