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Istruzioni per diventare antifascisti - La lotta sindacale




Pubblichiamo un estratto da Uniti nella stessa lotta - Memorie di Giacomo Matteotti, graphic novel di Tommaso Catone con un'introduzione di Stefano Catone, disponibile sullo store di People.


È il 22 maggio del 1885 quando Giacomo Matteotti viene al mondo. Un mondo perfettamente a metà strada tra l’Adige e il Po, poco distante da Rovigo, una delle province più povere del tempo, se non la più povera. Un mondo che da meno di un ventennio fa parte del Regno d’Italia. Contadini e braccianti, braccianti e contadini che vivono in ambienti insalubri, dove sono ampiamente diffuse la pellagra e la malaria, a cui nel 1882 si era aggiunta una calamità dalle proporzioni catastrofiche, e cioè l’alluvione del 17 settembre, che compromise per anni i raccolti e fece esplodere il conflitto sociale, a cui lo Stato rispose col pugno di ferro. Per molti, l’unica alternativa rimasta fu l’emigrazione, soprattutto verso l’America meridionale. Per chi decise di restare, insieme alla ricostruzione post-alluvione cominciarono a palesarsi nuove prospettive. Furono i cattolici, in particolare, che avviarono una rete di casse rurali, intercettando, sensibilizzando e aggregando i contadini. Di pari passo, si facevano largo i grandi proprietari terrieri e nascevano nuove industrie. E fu in questo ambiente che anche i socialisti trovarono terreno fertile e che le Leghe dei lavoratori diventarono lo strumento della lotta politica e sindacale.


Qui, a Fratta Polesine, Matteo Matteotti, nonno di Giacomo, si stabilì nel 1852 dopo essere emigrato dalla Val di Peio, in Trentino. Ed è qui che suo figlio Girolamo Stefano, nato nel 1839, avrebbe continuato a condurre l’attività paterna di commerciante di lavorati e semilavorati in ferro e rame, investendo i profitti in proprietà immobiliari, allargando il giro d’affari, ricoprendo anche il ruolo di consigliere comunale. E prestando denaro a interesse – cosa che lo avrebbe reso bersaglio di accuse di strozzinaggio, sollevate soprattutto per colpire politicamente il figlio. Nel 1875 Girolamo sposò Lucia Elisabetta Garzarolo – che tutti chiamavano Isabella – e, dalla loro unione, videro la luce sette figli, quattro dei quali non superarono la tenera età. Giacomo era il secondogenito e, come possiamo immaginare, ebbe un’infanzia e un’adolescenza agiate, per l’epoca. Studiò al ginnasio Celio, di Rovigo, e poi cominciò a frequentare la facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Bologna. Qui entrò in contatto coi movimenti socialisti. Occuparsi di politica gli piaceva, lo appassionava, probabilmente anche per via dell’influenza esercitata dal fratello Matteo, impegnato coi socialisti all’Università di Padova. Nei primi anni del Novecento, decise quindi di iscriversi al Partito socialista (secondo alcuni, l’iscrizione risalirebbe addirittura al 1898[1]) e, portati a compimento gli studi (durante i quali fece numerosi viaggi di studio all’estero, in Germania, Austria, Olanda, Belgio, Francia e forse anche in Russia[2]) con una tesi di laurea sulla recidiva nel 1907, la politica divenne il suo primo impegno. Eletto nel 1908 consigliere a Fratta Polesine con 86 voti, nello stesso anno entrò a far parte del comitato di redazione de La lotta, per poi impegnarsi attivamente nella campagna elettorale del 1909 ed essere eletto al Consiglio provinciale di Rovigo nel 1910, candidato su autonoma iniziativa della sezione socialista di Occhiobello[3]. Ricoprì la carica di consigliere anche in altri Comuni della zona dove la famiglia deteneva proprietà terriere e, nel 1912, divenne sindaco di Villamarzana.

La politica praticata da Matteotti non era, però, esclusivamente inquadrata nel lavoro all’interno delle istituzioni amministrative locali. Matteotti fu un grande organizzatore di Leghe bracciantili, tanto da ritagliarsi ben presto l’attenzione tanto dei compagni di partito quanto degli avversari. Il socialismo, a suo modo di vedere, doveva muovere i propri passi proprio da lì, coinvolgendo e mobilitando il proletariato, al quale spettava

il compito di indirizzare lo sviluppo nel segno della libertà individuale e collettiva e della giustizia sociale. Del socialismo coltivava un’idea etica e pedagogica, che presupponeva la spinta dal basso e si alimentava di esperienze solidali e di competenze acquisite: si faceva, insomma, patrimonio collettivo diffuso, traducendosi in un’opera di civilizzazione di portata storica. Fu un riformista perché pensava e operava per il progressivo allargamento della cittadinanza politica e sociale, senza dogmatismi ma con tenacia assoluta, convinto com’era che il socialismo fosse meta ideale, ma anche prassi concreta in quanto sistema di valori che si definivano nel farsi[4].


Da queste idee discendevano le particolari attenzioni che Matteotti dedicò ai cosiddetti “corpi intermedi della società”, dalla scuola alle Leghe alle cooperative. Erano le onde di un moto che, in quegli anni, andava diffondendosi sempre più. Nel 1892, a Genova, era stato costituito il Partito dei lavoratori italiani, presto ribattezzato in Partito socialista italiano; nel 1896 era nato il giornale Avanti!, quindi le Camere del lavoro, e infine, nel 1906, la Confederazione generale del lavoro. Matteotti fece la sua parte, dentro e fuori dalle istituzioni. Da amministratore del Polesine, dedicò gran parte delle proprie energie impegnandosi

per creare circoli di cultura, per la costruzione di asili di infanzia, edifici scolastici, biblioteche, per l’erogazione di libri di testo, il miglioramento delle condizioni dei maestri, il sostegno degli alunni più bisognosi[5].


[1]    Cfr. Gianpaolo Romanato, Un italiano diverso. Giacomo Matteotti, Milano, Longanesi 2011, p. 78.

[2]    Ivi, p. 89.

[3]    Marzio Breda e Stefano Caretti, Il nemico di Mussolini, Milano, Solferino 2024, p. 47.

[4]    Matteotti e il socialismo del suo tempo, a cura della Fondazione di Studi Storici “Filippo Turati”, disponibile al seguente indirizzo: www.fondazionestudistoriciturati.it/matteotti-90/matteotti-90-2/immaginidocumenti/socialismo_1/.

[5]    Massimo Salvadori, L’antifascista. Giacomo Matteotti, l’uomo del coraggio, cent’anni dopo (1924-2024), Roma, Donzelli 2023, p. 61.

 

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