Siamo troppo occupati a cercare di sopravvivere, per poter provare a cambiare. Questo purtroppo è quello che sta emergendo dalla campagna elettorale che è appena cominciata e che per fortuna sarà molto breve. Dopo la legislatura più brutta del mondo che ha mostrato definitivamente la corda del nostro sistema politico e istituzionale, dopo un governo di destra e uno di centrosinistra presieduti dallo stesso premier, dopo aver avuto un partito di maggioranza relativa che si sbriciola con un grissino, dopo aver ridotto il Paese a dipendere interamente dal prestigio individuale di una sola persona e dopo aver dato a quella persona un calcio nel culo perché era troppo ingombrate, ci siamo trovati con una crisi di governo voluta da quasi tutti che neanche uno ha avuto il coraggio di rivendicare.
Le elezioni sono arrivate all’improvviso, inattese come una tromba d’aria di fine agosto per i negazionisti climatici, e pare che nessuno fosse veramente preparato. Sono stati tirati fuori di fretta dai cassetti programmi impolverati, che fanno lo stesso effetto dei regali riciclati a Natale. Emblematica, in questo senso, è la stazione Cadorna di Milano tappezzata dai manifesti di Berlusconi, Dorian Grey all’ incontrario. Non sono da meno quelli di Salvini che crede di essere ancora il ministro dell’interno che fu, né quelli di Fratelli d’Italia che citano Almirante e D’annunzio. Evidentemente ognuno di loro è nostalgico a modo suo. Le proposte? Le solite, non vale nemmeno la pena di citarle. Per salvare quel che resta del Movimento Cinque Stelle, Conte, l’uomo per tutte le mezze stagioni (quelle che non ci sono più), ha deciso che questa volta loro sono i veri progressisti, non ci crede nessuno, ma c’era un buco lì e in politica niente vieta che un vuoto venga riempito da altro vuoto. La grande novità nel panorama post nucleare della politica italiana è ovviamente Calenda, il quale però cerca curiosamente di accreditare se stesso con il programma di un altro. Ha trovato per terra l’agenda di Draghi e pensa di potersi spacciare per lui. Mi manda Picone, insomma.
Manca il Partito Democratico che però, come sappiamo, ormai da tempo immemore si è dato l’ingrato compito di esistere solo per fermare qualcun altro, cercherà di farlo anche questa ennesima volta e anche questa volta gli toccherà rinunciare ad avere un progetto per il futuro del Paese. Tutti troppo occupati a cercare di sopravvivere per poter solo pensare a qualcosa di diverso, quindi. È lo spirito di un tempo che non scorre più, che però purtroppo pervade tutto il paese, non solo la politica. È più o meno lo stesso per l’imprenditoria, la cultura, la ricerca, e privatamente per la stragrande maggioranza degli italiani che vivono come fossero gli ultimi giapponesi sulla Penisola.
“Questo difficile paese” avrebbe proprio bisogno di trovare un modo per uscire dallo stallo mortifero in cui è piombato, chiedere e chiedersi di più, trovare le ragioni ideali per costruire dallo zero in cui siamo finiti un luogo nel quale la sopravvivenza non sia l’unico orizzonte possibile. Sarebbe bello se qualcuno, a sorpresa, si azzardasse ad impostare la propria campagna elettorale così…
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