C’è grossa crisi: la maggioranza di Governo si appresta a varare una manovra che non sembra piacere per primi a quelli che la devono votare e l’hanno persino scritta, figuriamoci al Paese. Le sue tre componenti sono in un conflitto più o meno aperto: fino alla settimana scorsa c’era chi immaginava retroscena in cui il siluramento dell’ex first gentleman fosse stato addirittura concordato tra Premier ed eredi Berlusconi, ma le cose non sembrano per niente stare così, e nel frattempo un nuovo turno di amministrative ha fatto registrare l’ennesimo fiasco della Lega. Salvini deve essere molto frustrato, tutto quello che faceva prima funzionava così bene, e adesso gli procura solo pesci in faccia. Il ministro Sangiuliano si lamenta delle entrate extra del suo vice Sgarbi, o forse no, non si capisce, ma insomma: il clima non è dei più sereni. Il potere è un grande collante, e quindi la situa potrebbe capitolare prima del previsto oppure no, andando avanti a tempo indeterminato. Tanto, cosa volete che sia, c’è solo un Paese che sta sprofondando nel declino.
Ma lo abbiamo già visto con i governi a partecipazione pentastellata della precedente legislatura, quando ci chiedevamo come potessero accordarsi prima con la Lega, poi con il Pd, e poi con praticamente chiunque pur di rimanere aggrappati a qualche strapuntino, e la risposta era ed è che, perso quello, di loro non se ne sarebbe saputo più nulla (qualcuno ricorda Toninelli?). Applicando lo stesso ragionamento ai molti figuri che quotidianamente esternano sulla qualunque, ecco svelato il pièce de résistance in grado di tenere botta a qualsiasi sollecitazione, o quasi. Peraltro, se ci fate caso, è già da un paio di settimane che si registra una sorta di calma piatta, rispetto al continuo bombardamento di uscite che hanno caratterizzato i mesi precedenti: una strana pausa, nel consueto circo di dichiarazioni su rivalutazioni della X Mas, pulizie etniche, sgarri istituzionali e repertorio correlato. Forse è la crisi internazionale, che induce a comportamenti più saggi, o forse avvengono lo stesso ma non lo veniamo a sapere, visto che le pagine dei giornali hanno da raccontare cose un po’ più urgenti. Che questo però produca migliori politiche di governo, purtroppo no, non c’è pericolo.
Il che ci porta all’opposizione: il Pd non parteciperà alla prossima manifestazione per la pace, o meglio chi vorrà lo farà a titolo personale. Equivale a dire che il Pd, quello che una volta era il più grande partito di sinistra dell’occidente, non ha una posizione sul conflitto israelo-palestinese. Eppure ce n’erano, di fonti a cui appoggiarsi per esprimersi: dal segretario generale dell’Onu alle organizzazioni umanitarie, invece niente. L’impressione, forte, è che non ci sia una corretta percezione della realtà, o persone non all’altezza della medesima, che la comunicazione e le bagatelle quotidiane si mangino tutta l’attenzione che dovrebbe essere rivolta a questioni più pressanti. E che necessiterebbero di maggiore serietà, e anche del coraggio di prendere qualche posizione scomoda, lì per lì, ma dotata di un minimo di prospettiva, oltre che di gravitas.
A proposito di latino, nell’anno 410 l’Impero romano d’Occidente era attraversato da tremende tensioni, tra barbari che premevano e usurpatori che complottavano. L’imperatore Onorio, poveretto, non era molto in grado di occuparsene, e nemmeno sembrava interessargli particolarmente, preferiva di gran lunga passare il tempo con la sua gallina da compagnia, che aveva chiamato Roma. Così, quando i Visigoti attaccarono la capitale e i suoi cortigiani andarono a dirgli che Roma era perduta, si racconta che lui commentò che non era possibile, perché l’amata bestiola era lì un attimo fa, che mangiava dalle sue mani. Fu la fine dell’impero, e non fu particolarmente gloriosa. Se continua così, non lo sarà nemmeno la nostra.
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