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Immagine del redattoreFranz Foti

La scelta dell'odio, l'alternativa al negazionismo


La scorsa settimana, il celebre attore e attivista Sacha Baron Cohen ha tenuto un bellissimo discorso a Washington, nel corse delle celebrazioni per il sessantesimo anniversario della Marcia su Washington di Martin Luther King, che potete trovare integralmente (con tanto di video) a questo link, ma di cui vogliamo condividere un passaggio con voi:


Nei panni di Borat, il primo giornalista di fake news, ho intervistato alcuni studenti universitari: tre giovani bianchi con i loro berretti da tennis e le polo. Non ci hanno messo molto a dirmi in cosa credevano veramente, sono bastati un paio di bicchieri.
Mi hanno chiesto se nel mio Paese le donne sono schiave. Hanno parlato di come, qui negli Stati Uniti, “gli ebrei” abbiano “il sopravvento”. Quando ho chiesto, avete schiavi in America?, hanno risposto: "Magari!" “Dovremmo avere degli schiavi”, ha detto uno, “sarebbe un paese migliore”.
Quei giovani hanno fatto una scelta. Hanno scelto di credere ad alcune delle bugie più antiche e vili che sono alla radice di tutto l’odio. E quindi mi addolora doverlo dire ancora una volta. L’idea che le persone di colore siano inferiori è una bugia. L’idea che gli ebrei siano pericolosi e onnipotenti è una bugia. L’idea che le donne non siano uguali agli uomini è una bugia. L’idea che le persone queer siano una minaccia per i nostri figli è una bugia.
Altre volte, ho visto persone fare una scelta diversa.
Nei panni di Borat, una volta ho convinto un intero bar in Arizona a cantare "Butta l'ebreo nel pozzo", cosa che ha rivelato l'indifferenza della gente nei confronti dell'antisemitismo. Ma quando ho provato a filmare la stessa identica scena in un bar di Nashville, è successo qualcosa di diverso. La gente ha cominciato a fischiarmi. E poi mi hanno cacciato fuori da quel bar.
Quelle persone hanno fatto la scelta che ci porta tutti qui oggi. Hanno scelto di credere nella verità: la verità che tutti meritiamo rispetto, dignità e uguaglianza, non importa chi siamo, che aspetto abbiamo, come preghiamo o chi amiamo. Abbiamo sempre una scelta.

Ascoltandolo, non ho potuto fare a meno di pensare a Negazione, il libro di Keith Kahn-Harris che abbiamo appena pubblicato con People e che ho tradotto io stesso.

Uno dei temi di questo libro davvero fondamentale per capire le radici del negazionismo in tutte le sue forme, specie quelle più recenti, è proprio quello della scelta o, come la definisce l'autore, l'alternativa al negazionismo.


Non tanto quella delle - fortunatamente molte - persone che ogni giorno si battono per l'affermazione di una società basata sull'uguaglianza, sul rispetto e sull'inclusione. E nemmeno la scelta che hanno di fronte le persone che ancora non hanno sviluppato una coscienza su questo tema, quelle che si trovano investite dalla miriade di contenuti d'odio cui fa riferimento nel suo discorso l'attore britannico.

La scelta, l'alternativa, è quella delle persone attivamente coinvolte nella diffusione di quei messaggi d'odio, delle persone coinvolte da forme vecchie e nuove di negazionismo.


Come sostiene Keith Kahn-Harris, con la fine dei due blocchi e la caduta del muro, negli anni '90 si è introdotto in occidente un pensiero - ben rappresentato da La fine della storia di Francis Fukuyama - secondo il quale la vittoria degli ideali liberali era stata talmente ampia e inequivocabile da sancire uno spartiacque tra il modo di prima - e in particolare le tensioni del '900 - e quello che stava iniziando, un'era di sostanziale universalità degli ideali di cui sopra. Questo ha modificato anche il nostro linguaggio pubblico, e il nostro stesso modo di ragionare.

L'odio e la violenza sono diventati una sorta di tabù, al punto da arrivare a considerarli non solo indicibili, ma persino innaturali. Da qui arriva anche uno degli errori, secondo le tesi del libro di parte degli sforzi contro il negazionismo (e lo stesso vale più in genere con i linguaggi d'odio): l'idea che sia essenzialmente una condizione legata alla mancanza di informazioni, alla "ignoranza" dei fatti. Ecco, Negazione mostra molto chiaramente come non sia necessariamente così. La vera alternativa che si cela nel cuore di buona parte - se non tutti - i negazionismi più radicali, è proprio quella dell'odio aperto, del desiderio violento non più represso.


In altre parole, se dovesse parlare dal profondo del proprio cuore, un negazionista dell'olocausto, avrebbe proprio l'atteggiamento di quegli studenti con i berretti MAGA e le polo nere di cui parla Sacha Baron-Cohen.


Come sostiene Keith Kahn-Harris, se non vogliamo arrenderci all'odio e alla violenza è ora di ammettere che esistono diversità ideali e morali molto profonde nella nostra società, e che queste vanno per prima cosa riconosciute e rivelate per quello che sono, per poter essere affrontate. In questo senso, il suo Negazione è un manuale insostituibile.


Perché ha ragione Sacha Baron-Cohen: abbiamo sempre una scelta. E come abbiamo visto in queste settimane anche nel nostro paese, qualcuno la sua l'ha fatta da tempo. Ha scelto l'odio.



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