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Immagine del redattoreFranz Foti

Pax trumpiana


Questa settimana i media statunitensi sono stati letteralmente dominati da Donald Trump. L'ex e prossimo e presidente ha infatti annunciato i nomi che comporranno la sua squadra di governo uno per uno, con una serie inarrestabile di lanci di agenzia che hanno inevitabilmente occupato le prime pagine e gli account social di tutti i maggiori organi di stampa americani.


Non vi stupirà sapere che anche in questo caso, il paese è diviso: i democratici - e anche diversi repubblicani della vecchia guardia - hanno commentato con orrore le nomine annunciate da Trump, mentre gli elettori del "presidente eletto" sono entusiasti e considerano una ventata di rinnovamento l'arrivo alla Casa Bianca di figure come Robert Kennedy Jr, Kristi Noem, Matt Gaetz, Vivek Ramaswamy e, ovviamente, Elon Musk.


Ci sarà il tempo - e soprattutto lo spazio, perché richiederà ben più di una newsletter - per raccontare come si deve di che persone stiamo parlando, perché definire "controversa" - come si è sentito su certa stampa di casa nostra - la nomina alla Salute di un no-vax complottista, o alla Giustizia di un indagato - tra le altre cose - per molestie e sfruttamento della prostituzione minorile, ci sembra un tantino riduttivo.


Vi basti sapere, per ora, che si tratta - per citare l'ex falco repubblicano John Bolton - delle "peggiori nomine di governo nella storia degli Stati Uniti". Allo stesso tempo, sono esattamente il genere di nomine che chi ha votato per Trump voleva, come rivela un interessante approfondimento del New York Times.


Curiosamente, ma fino a un certo punto, le uniche perplessità che gli elettori repubblicani mostrano per le scelte del loro leader non riguardano il senatore pedofilo, o la governatrice che spara ai cani, né il "figlio d'arte" no-vax o il volatile multimiliardario sudafricano. No, il popolo MAGA guarda con - legittimo - sospetto alle nomine in tema di politica estera e militare.


Nonostante da anni Trump si proponga da sempre come un uomo di pace, fautore di un novello isolazionismo che dovrebbe porre fine al ruolo di "sceriffo del mondo" che gli USA hanno assunto negli ultimi 80 anni, le sue nomine in questo campo dicono tutt'altro. Dal futuro Segretario di Stato Marco Rubio, alla prossima ambasciatrice Onu Elise Stefanik, dal nuovo leader del Pentagono Pete Hegseth all'imminente ambasciatore in Israele Mike Huckabee, l'amministrazione Trump sembra del tutto intenzionata a far proseguire il conflitto in Medio Oriente e anzi ad allargarlo.


Stefanik, che si è fatta un nome al Congresso come la più strenua supporter di Netanyahu e ferrea oppositrice di ogni protesta per i massacri di Gaza, ha già annunciato che chiederà all'ONU una "completa revisione" di posizioni che vede come troppo sbilanciate a favore della Palestina, minacciando un taglio dei fondi a questa istituzione, di cui gli USA - è bene ricordarlo - sono i principali finanziatori.


Rubio, Hegseth e Huckabee sono invece accomunati dalle medesime posizioni: alleanza strategia con Netanyahu, completo sostegno alle operazioni militari israeliane non solo a Gaza, ma anche in Libano e soprattutto in Iran. Il senatore Rubio, in particolare, ha più volte criticato pubblicamente e ufficialmente le posizioni troppo moderate del suo predecessore Blinken, accusandolo di "indebolire un alleato strategico" come Israele, e lodando gli attacchi all'Iran di Tel Aviv. Hegseth - l'ex veterano che chiede la grazia per i militari USA condannati per crimini di guerra in Iraq e sfoggia una sfilza di tatuaggi ispirati alle crociate - ritiene che i massacri di Gaza debbano andare avanti "finché non avranno ucciso anche l'ultimo di quegli animali di Hamas", che secondo Huckabee sono colpevoli "delle peggiori atrocità mai viste delle nostre vite". Non solo, tutti e tre ritengono che Israele abbia il pieno diritto di reclamare anche i territori della Cisgiordania. Un diritto divino. Secondo Huckabee, infatti, "l'atto di proprietà [di quelle terre] fu dato da Dio ad Abramo e ai suoi eredi"; per Hegseth, "questa non è una terra mistica che può essere ignorata. È la storia del popolo eletto da Dio. Quella storia non è finita nel 1776 o nel 1948 o con la fondazione dell'ONU. Tutte queste cose risuonano e contano ancora oggi"; mentre Rubio, in merito ai violenti raid paramilitari dei coloni nei villaggi palestinesi, ci ha tenuto a precisare che "gli israeliani che vivono legittimamente nella loro patria storica non sono un ostacolo alla pace; lo sono i palestinesi".


All'indomani del voto Alexandria Ocasio-Cortez ha intelligentemente chiesto a quanti tra i suoi elettori hanno scelto lei per il Congresso ma Trump per la Casa Bianca - pare siano stati parecchi - di scriverle il motivo di questa scelta apparentemente contraddittoria. Uno dei motivi più citati è stato proprio il Medio Oriente e le politiche troppo filo-israeliane di Biden. Una critica legittima, ma la risposta sembra destinata rivelarsi un'altra cocente delusione. E un danno forse irreparabile proprio per il popolo palestinese.

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