Quando Thomas Mann formulò il pensiero per cui “tutto è politica”, probabilmente non immaginava che un giorno ci saremmo trovati a discutere delle vicissitudini di una Presidente del consiglio e del suo compagno, prima ridicolizzato in prime time e poi mollato con un comunicato via social. Eppure, eccoci qui. Controvoglia, visto che pur essendo successo solo ieri, già non ne possiamo più. Ma comunque. Come se non bastasse, la teoria di Mann ha poi trovato un corollario ideale in quanto scritto da Carol Hanisch più o meno mezzo secolo fa, ovvero che “il personale è politico”: lei a differenza di Mann è ancora tra noi e chissà se leggendo le notizie internazionali le è scappato un sorriso, nel rilevare come a distanza di tempo quella che in origine era una presa di coscienza femminista potesse prendere una piega del genere.
In generale, ci sono consuetudini che hanno origini lontane e ragioni che non conosciamo più, tanto da metterle in discussione, specialmente in questi tempi di disruption, di comunicazione orizzontale, di disintermediazione. Una di queste ha a che fare col fatto che, quando in una coppia uno dei due ricopre un ruolo di grande importanza, può essere una buona idea per l’altro restare un passo indietro, se non proprio dietro le quinte, e non diventare motivo di conversazioni: perché generalmente non sarebbero positive, questa è l’idea. A meno che la coppia non stia più o meno alla pari, ma siccome di Serge Gainsbourg e Jane Birkin non è che se ne incontrino tutti i giorni, purtroppo, per quanto crudele possa sembrare, uno dei due si deve sacrificare. Oppure no, appunto, ma a suo rischio e pericolo. Suona un po’ retrogado, effettivamente, ma esempi precedenti in cui qualcuno ha dato di matto per una visibilità ottenuta non per meriti propri, ma per la posizione del partner, come dire, non sono edificanti.
Nel caso in esame, uno dei motivi per cui con tutta la buona volontà è veramente difficile esprimere - come stanno facendo alcuni - umana solidarietà alla Presidente del consiglio, è che in quella posizione ci si sono messi loro, da soli, volontariamente, per ragioni materialissime di interesse personale. Anzi, nel caso di Giorgia Meloni e del suo compagno - il suo ex compagno, a questo punto -, come se non bastasse dover subire la di lei azione di governo, ci tocca il sovrappiù della sorella plenipotenziaria di partito, e del cognato ministro, mai avaro di uscite di cui doversi sfortunatamente occupare o quanto meno, ecco, diciamo così, non proprio il ritratto della discrezione. Certo, che è sbagliato usare la vita personale per attacchi politici, ma nemmeno si può spostare il confine di ciò che è privato e ciò che non lo è ogni giorno, secondo convenienza. Il Paese parla di Giambruno mica per un riflesso morboso, o almeno non solo, ne parla perché appena lei ha assunto più alti incarichi a lui è stata data - combinazione - una trasmissione su un canale nazionale, e dal momento in cui ha preso ad andare in onda ha iniziato a dire (e poi a fare, come abbiamo appreso in questi giorni) cose imbarazzanti. E lei ha abbozzato, pretendendo pure che non gliene venisse chiesto conto. Un po’ troppo comodo.
Moltissimi e moltissime hanno già fatto notare, giustamente, che Meloni chiede riservatezza ma non è poi così tanto discreta, quando si tratta di farsi gli affari altrui: a proposito del tipo di famiglia che hanno, delle persone con cui dividono il letto, della religione in cui credono, e così via. L’Italia è un Paese moralista e paternalista da che esiste la Repubblica, che mette i crocifissi nelle classi e giudica i costumi di una donna quando viene molestata, lo è da sempre è questa non è una novità: ma la maggioranza al comando in questa legislatura si sta impegnando davvero tanto, per fare di peggio. L’ipocrisia, poi, aggiunge un carico onestamente insopportabile: non che manchino gli esempi, ma per stare al caso corrente basti quella per cui lui due giorni fa parla di matrimonio a un rotocalco, e lei scrive ieri di rapporto “finito da tempo”, che chissà come è diventata la formula rituale da usare a mezzo stampa quando i panni sporchi finiscono in piazza.
Tutto ciò premesso, però, ribadiamo, non è importante occuparsene per il gusto di farsi gli affari loro, ma perché stiamo parlando di persone che occupano le istituzioni, militarmente, che ci dicono come vivere, che hanno in mano, se non del tutto, di sicuro pezzi importanti dei nostri destini, delle nostre vite. Nei palazzi romani, nei media, nelle scuole, nelle forze dell’ordine, negli uffici pubblici, ovunque. Non sono solo “cavoli loro”, e siccome non sono solo cavoli loro, alla fine, anche se preferiremmo diversamente, sono anche cavoli nostri. Tutto è politica, e il personale è politico, dicevamo.
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