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Immagine del redattore Paolo Cosseddu

Santa subito

Aggiornamento: 1 ott 2022


Giorgia Meloni rassicura l’Occidente sulla collocazione internazionale dell’Italia. Giorgia Meloni garantisce il sostegno dell’Italia all’Ucraina. Giorgia Meloni si sente al telefono con Mario Draghi per concordare la posizione. Di più, Giorgia Meloni scriverà la manovra a quattro mani con il Governo Draghi. Giorgia Meloni vorrebbe dare la presidenza di una delle Camere all’opposizione, ma i suoi alleati non vogliono. Giorgia Meloni non vuole dare la presidenza del Senato a Berlusconi, e non vuole ridare il ministero dell’Interno a Salvini. Giorgia Meloni usa le stesse parole di Draghi per criticare il veto tedesco sul tetto al prezzo del gas. Giorgia Meloni quando era giovane frequentava i forum a tema Signore degli Anelli ed era nota come la “draghetta dell’Undernet”. La mamma di Giorgia Meloni rassicura che le paure per un pericolo neofascista sono “tutte baggianate”. Infatti, Giorgia Meloni “non è fascista”, al limite “è anti-antifascista”.


Quasi ogni nuovo Governo conosce un periodo di felicità più o meno breve, una luna di miele col Paese in cui il consenso viene cantato dai media e diventa anche più largo di quello effettivamente ottenuto alle elezioni, perché dopotutto ci sono un po’ di elettori disposti a concedere un’iniziale fiducia, anche tra chi ha votato altro. Può durare qualche mese, a volte di più, a volte di meno, specie da quando tutti i processi sono diventati velocissimi, complice la sovrabbondanza mediatica che rende qualsiasi argomento obsoleto nel giro di poche ore. La luna di miele di Giorgia Meloni è iniziata prima del matrimonio, prima di aver ottenuto l’incarico da Mattarella - scontato, ma bisognerebbe chiedergli cosa ne pensa l’interessato - prima ancora che abbia letteralmente fatto una cosa qualsiasi. I giornali alimentano volentieri la narrazione, in rappresentanza di importanti interessi economici del Paese che sperano di poter fare con la Premier in pectore business as usual come più o meno già facevano con tutti i predecessori. Curiosamente, accostano a Draghi chi gli ha votato contro per tutta la durata del suo mandato, ma la contraddizione non rileva più. La Giorgia Meloni estremista che spesso si vede nei comizi va minimizzata, sperando che lei per prima capisca che è meglio così.


Del resto, quando si vince un’elezione in modo importante - e non è nemmeno rilevante la reale consistenza numerica, dopotutto FdI ha preso un 26 per cento che solo questa bizantina legge elettorale poteva rendere così pesante - si aprono sostanzialmente due strade: da un lato la suggestione di esercitare un ecumenismo benevolo, dall’altro la tentazione di fare piazza pulita di tutto il resto. L’abbiamo già visto succedere, conosciamo i precedenti. Nel 2019, dopo aver preso il 34 per cento alle europee, Salvini avrebbe potuto aspettare il naturale logoramento del governo gialloverde di cui faceva parte con il M5S, e passare all’incasso senza forzature: invece, chiese pieni poteri dal predellino del Papeete e da allora è precipitato nel ridicolo, fino al modestissimo risultato a una cifra di domenica scorsa. Nel 2014, dopo aver preso il 40 per cento, anche in questo caso alle europee, Matteo Renzi avrebbe potuto sedersi al centro della scena politica e provare a tenere insieme un consenso che in quel momento andava dalla sinistra fino a larghissime fette di Forza Italia e Lega, a cui arrivò addirittura a strappare il Veneto. Invece, si mise a fare la guerra atomica all’articolo 18, alla scuola, a tutto quello che gli passava per la testa e infine alla Costituzione, e questo fu la sua rovina, altrimenti ce lo saremmo dovuto cuccare per vent’anni. Cosa che probabilmente accadrà lo stesso, ma almeno non mentre sta a Palazzo Chigi.


Se Giorgia Meloni ha presente questi due immediati precedenti, può darsi che voglia provare a darsi un profilo istituzionale molto più democristiano di quanto ci si potrebbe aspettare. Che infili nell’esecutivo la giusta quota di merluzzi bolliti che più o meno costituiscono la qualità media che la sua coalizione e il suo partito possono esprimere, ma anche un po’ di nomi più freschi e preparati - per quanto possibile - che consentano di dire che tutto sommato il profilo generale dell’operazione è promettente. Che metta un freno alla tentazione di fare le bizze con l’Europa, continuando a riceverne le prebende, che non esageri col debito che operazioni tipo la flat tax farebbero esplodere, che riporti alla dimensione folcloristica le manifestazioni fascionostalgiche che inevitabilmente continueranno a capitare, specialmente ora che c’è un governo amico. Che, soprattutto, tuteli gli interessi che contano, senza spostare nessun equilibrio. Che non si metta, insomma, a far saluti romani dal balcone di Palazzo Venezia, come qualcuno potrebbe aspettarsi e come probabilmente sarebbe anche più comodo per l’opposizione.


Poi, certo, qualche concessione a quella che dopotutto è la linea politica della sua base andrà pur fatta: un bel giro di vite sugli aborti, senza clamori, in fondo è sufficiente peggiorare anche solo di un pochino una situazione che in molti posti è incivile da prima. Magari non saranno toccati i diritti acquisiti, tanto sono pochissimi e insufficienti: la parità retributiva di genere già è lontanissima, a dispetto della futura prima premier donna magnificata da chi fa finta di non capire, e magari con la prossima tornata di nomine Rai si può fare in modo che i futuri palinsesti siano ancora più zeppi di brave mamme massaie (non che al momento non ve ne siano, peraltro); la sanità privata sovvenzionata è ormai regola anche nelle regioni governate dalla sinistra, e non è necessario vietare le unioni omosessuali, basta continuare a tenerle nel ghetto in un rinnovato clima di riprovazione sociale. E per chi è di origine straniera ed è senza cittadinanza, ottenerla è impossibile da sempre, quindi in fondo cosa cambia? Le navi cariche di disperati continueranno ad attendere al largo, come fanno da anni.

Si rifaranno vivi i movimenti, le manifestazioni, sarà purtroppo necessario dare ogni tanto qualche spolverata ai manganelli dei celerini - non che siano così impolverati, a pensarci - ma tanto poi ci pensano i media a distribuire le colpe tra provocatori e forze dell’ordine.


Tutto sommato, Giorgia Meloni potrebbe arrivare alla conclusione che non ha bisogno di esagerare. Che non serve far sfilare le camicie nere in piazza, per tenersi il posto. Che non deve far pazzie, se non vuole far la fine di un Renzi o di un Salvini qualsiasi. Perché se sbrocca, se sbraga, se diventa imbarazzante, si può anche sperare di liberarsene prima del previsto. Ma se invece sta nel suo, se tiene un profilo sobrio, gli interessi di quelli che davvero contano saranno al sicuro e ci toccherà anche sentirli spiegare che tutto sommato le cose non vanno poi così male. Per tutti gli altri, quelli che contano meno, beh, pazienza.




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