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Immagine del redattore Paolo Cosseddu

Spezzeremo le reni all’antico Egitto


Non fermeremo i migranti sulle spiagge della Cirenaica finanziando gli aguzzini, non li fermeremo per mare cannoneggiandoli, non li fermeremo allo sbarco di Lampedusa dove si intaseranno a ondate, non li fermeremo nelle sedi europee dove gli amici sovranisti ci voteranno contro e quelli europeisti rideranno delle nostre contraddizioni, non li fermeremo all’Onu invocando una guerra laddove altre non metaforiche si stanno già combattendo, ma per Dio, li fermeremo all’ingresso del Museo Egizio di Torino: perché, come diceva Tommaso Moro (ma pure gli Alcolisti Anonimi, sarà un caso), bisogna avere la forza per cambiare le cose che si possono cambiare, la pazienza di accettare quelle che non si possono cambiare, e la saggezza di riconoscere la differenza, e questo è il massimo, e forse neanche, che questo Governo può permettersi di affrontare con qualche vaga speranza di riuscita.


Questo è il motivo per cui da qualche giorno ci troviamo a discutere del direttore del Museo Egizio di Torino, Christian Greco. La Lega e FdI chiedono al ministro Sangiuliano di rimuoverlo, anche se il museo non è pubblico ma è gestito da un board di fondazioni e quindi non dipende dalle decisioni di alcun ministero, ma non importa. Greco si era confrontato con Giorgia Meloni quando questa era all’opposizione, nel 2018, e l’accusa allora come oggi (la Premier è una che se le segna) è sempre quella di aver discriminato gli italiani offrendo un ingresso scontato ai “visitatori musulmani”, che poi non è vero nemmeno questo ma come dire, ci si accontenta.

Poteva essere qualsiasi altro museo, il museo dell’aeronautica, o quello dei centrini in macramè, o quello delle prime edizioni dei pupazzetti di Guerre Stellari, per fortuna è toccato proprio questo che almeno, se non altro, è egizio, e quindi calza alla necessaria narrativa. Un po’ ridicola, per non dire miserabile, rispetto ad alcuni altri problemucci tipo caro benzina, inflazione, salari bloccati, fallimento del Pnrr, crisi del credito bancario: ma andiamo pure avanti come se stessimo parlando di una cosa seria, questo passa il convento.


E così, se non si può fare la controrivoluzione culturale, almeno si potrà ben mettere Pino Insegno a presentare un preserale. Se non si possono obbligare le donne a stare a casa per dare figli alla nazione e al ceppo italico, almeno si possono togliere a chi ce li ha già, i figli. Se non si possono levare le accise sulla benzina su cui tante promesse erano state spese, almeno si può mettere un cartello e no, non rispondete che “a mettece 'na scritta, sur cartello, so' boni tutti” come farebbe Guzzanti-Venditti, ché queste sono cose serie, o forse solo un po’ sfigate, pazienza se siete miopi e dall’auto non distinguete bene i decimali.

“Siate realisti, chiedete l’impossibile”, a ben vedere, è sempre stata una richiesta contraddittoria, si fa quel che si può e quel che ne viene fuori è grottesco, ma fa niente, basta raccontarsela e raccontarcela, del resto qualche giorno fa Trump si è vantato di aver battuto Obama, due o tre elezioni fa, quindi cosa volete che sia spiegare che tutto va bene e inarrestabile avanza il fiero governo di quelli che da troppo tempo aspettavano di occuparlo: quando torneranno all’opposizione leveranno alti lai sull’incapacità di altre maggioranze e vanteranno i risultati di quando c’erano loro, peraltro è una pratica in cui si esercitano da tipo settant’anni.


Del resto fanno sempre così, all’inizio è tutto un “se avanzo seguitemi se indietreggio sparatemi”, ma quando le cose si fanno complicate diventa “partirono per suonare e furono suonati”, o anche “me ne ha date, ma gliene ho dette”. Volevano fare la guerra di religione ma al massimo riescono a prendersela con i kebabbari, volevano tornare all’Italia di D’Annunzio ma non reggono il confronto nemmeno con Petrolini, volevano demolire le istituzioni ma gli riesce al massimo di imbrattarle (e poi se la prendono con quelli di Ultima Generazione). Governano da un anno è già i loro grandi piani si schiantano contro il fatto che non c’hanno un euro, e come mettono il capino fuori dal buco prendono schiaffi da tutte le parti, Mattarella da un lato, i sodali alla Orban dall’altra, i mercati, gli organismi internazionali, persino le banche. E così, di settimana in settimana ridimensionano obbiettivi e aspettative: diobono, sarà ben possibile alla reincarnazione di un regime in camicia nera e fez di rimuovere un cavolo di direttore di museo di provincia? No? Beh, allora la prossima settimana ripiegheranno sull’ambizioso tentativo di rubare la merenda a un bambino dell’asilo. L’esito, come sempre, è incerto.

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