Martedì scorso, il 26 marzo, il governo ha approvato una riforma del concorso pubblico per la magistratura che ha fatto - giustamente - molto discutere. La novità oggetto delle maggiori critiche è l'introduzione dal 2026 di un test psicoattitudinale cui dovrà sottoporsi chiunque aspiri a vestire la toga. Una proposta ridicola e pericolosa, che rivela ancora una volta la visione retrograda e autoritaria della destra italiana, una mentalità che purtroppo va espandendosi ben oltre i confini dell'attuale maggioranza parlamentare.
Nonostante quarant'anni di sforzi per normalizzare la salute mentale e per ripensare il nostro approccio ad essa non solo sul piano meramente sanitario e assistenziale, ma come società, il governo Meloni si ostina a voler riportare il paese a epoche buie in cui lo scopo della salute mentale era quello di individuare le "devianze" ed emarginarle per proteggere la popolazione "normale". Il cosiddetto Test Minnesota - già utilizzato da esercito e forze dell'ordine - cui dal 2026 dovrà sottoporsi chiunque voglia entrare in magistratura non è, infatti, un test diagnostico, il suo scopo è piuttosto quello di evidenziare tratti "peculiari" della personalità di chi risponde alle domande di cui è composto.
Non mi dilungherò nel ragionare sul cosa possa rivelare di una magistrata o un magistrato la loro predilezione per le riviste di meccanica (una delle più celebri domande del test, come ci ricordano i Bluvertigo nella canzone che non a caso si chiamava Fuori dal tempo), chi vorrà approfondire l'argomento troverà ampia letteratura in merito, ma la vera domanda che dovremmo farci è: che tipo di società ha in mente chi pensa che uno dei poteri dello stato dovrebbe essere giudicato in questi termini?
Una domanda che purtroppo tocca ripetersi anche quando leggiamo risposte come quella di Gratteri, che ha dichiarato «I test ai magistrati? Facciamoli anche ai politici. E mettiamoci alcol e droga». La provocazione è comprensibile, ma è preoccupante che il procuratore di Napoli commetta sgrammaticature istituzionali di questo tipo. Testare per alcol e droga politici o magistrati è una roba da regime e come tale va denunciata, di fronte a chi minaccia la separazione dei poteri non si può rispondere «allora anche tu, pappappero», c'è davvero bisogno di ribadirlo?
E la controreplica del ministro Nordio - che, ricordiamolo sempre, Meloni voleva Presidente della Repubblica al posto di Mattarella - è persino peggio. Intervistato dal Corriere, il guardasigilli ha dichiarato: «Nel 2021 Giorgia Meloni ha sottoposto tutti i suoi parlamentari al test antidroga, auspicandone l’estensione ai colleghi. Io sono pronto a farlo anche domani. Ma sull’alcol andiamoci piano. Una cosa è guidare ubriachi, una cosa è concederci uno spritz. Vengo dalla terra del prosecco. Mi fosse vietato potrei dimettermi: Churchill salvò l’Europa pasteggiando a champagne e con brandy come dopocena».
Tralasciando il fatto che Nordio si paragona a Churchill - vale come test psicoattitudinale? -, anche qui la visione ridicolmente passatista del governo traspare con evidenza perfetta: alcol buono, anzi buonissimo; droga - Quale droga? Quanta? Quando? Non importa, sono tutte uguali - cattiva, pessima. Condivide certamente Salvini, che nel nuovo codice della strada ha stabilito la sospensione della patente per tre anni non a chi guida in stato di ebrezza - ci mancherebbe - ma a chi presenti nel sangue tracce di sostanze stupefacenti.
Chiariamoci, anche io sono del nordest e comprendo perfettamente la sacralità dello spritz, ma qua stiamo parlando di un ministro della Repubblica che si vanta di sbevazzare mentre il governo di cui fa parte ha stabilito che se una settimana fa mi sono fumato una canna non posso mettermi alla guida. Perché, ancora una volta, "i drogati" sono tutti (e tutte) indistintamente devianti e pericolosi.
Uno degli item del Test Minnesota è «Riesco ad esprimere i miei veri sentimenti solo quando bevo».
Senza azzardare ipotesi su eventuali stati di alterazione di quanti hanno partecipato al dibattito di questi giorni sui test psicoattitudinali per magistrate e magistrati - su Nordio a questo punto il dubbio è legittimo -, i veri sentimenti che questa riforma sottende sono espressi in maniera chiarissima. E dovrebbero preoccuparci tutte e tutti.
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