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Vive la “désistence”



Forse è per colpa delle partite della nazionale, che vanno così male da poter dire che sono perse già alla fine del primo tempo, ma la sicumera con cui molti giornali italiani stanotte hanno commentato la vittoria del Rassemblement National di Marine Le Pen e del persino più inquietante Jordan Bardella è senza senso. Fra pochi giorni i francesi saranno chiamati a esprimersi nel secondo turno e solo allora sapremo come andrà, ma per il momento sarebbe forse il caso di dire che una risposta all’avanzata della destra c’è stata.

Certo, la crescita di RN in termini di voti è impressionante, specialmente con un’affluenza così alta, ma la sinistra sembra riprendersi da un lungo periodo passato ai margini, e almeno è stata capace di presentarsi unita. Macron ha migliorato di non poco il suo risultato di due settimane fa alle europee, ma il terzo posto segna probabilmente la fine della sua fase politica e di un esperimento che in Italia ha tuttora i suoi emuli, soprattutto in Italia Viva: convocando elezioni anticipate di sicuro sapeva che sarebbe andata così, ma forse ha risparmiato alla Francia di farsi travolgere ancora di più.


Gli appelli a costituire un “blocco” democratico e repubblicano, un argine, un cordone, sono giunti immediatamente e quasi unanimemente, sia dal centro che dalla sinistra, insieme alla disponibiità a ritirare i candidati arrivati terzi nei singoli collegi, aumentando così le possibilità di quelli che restano in gara contro RN. Una desistenza, insomma, e qui viene lo sconforto nel paragone con la situazione italiana: qui da noi il doppio turno alle politiche non esiste (anzi, Fdi vorrebbe toglierlo pure dalle comunali), ma una legge elettorale criminale - fatta, è bene ricordarlo, dal Pd - assegna una decisiva quota con sistema maggioritario che punisce pesantemente le forze che non si presentano insieme. Proprio per questa semplice realtà dei fatti - non per tirare in ballo il nostro editore - Pippo Civati suggerì proprio una forma di desistenza già nel 2018 e di nuovo nel 2022 proponendo che, proprio in assenza di una coalizione compatta, le forze ostili alla destra, pur in mancanza di alleanze, si accordassero per non competere tra loro nei singoli collegi uninominali. Una soluzione che, specialmente due anni fa, forse non avrebbe impedito a Giorgia Meloni di vincere, ma di dilagare sì, e ci avrebbe dato un parlamento che oggi sarebbe molto meno sbilanciato nei numeri.


Nessuna delle miopi forze politiche interessate raccolse l’appello, col risultato che sappiamo, e quei pochi commentatori che ne parlarono lo fecero ironizzando sul fatto che la desistenza, come concetto, rimandava a Bertinotti e ai tempi del centrosinistra a traino ulivista. Che magari non durava, però almeno vinceva, ogni tanto. Ezio Mauro, già direttore di Repubblica, la definì un’idea del cavolo (eufemismo), e forse non a caso il suo giornale stanotte è stato proprio tra quelli che titolavano a proposito di vittorie che ancora non ci sono. I francesi invece, che non solo non hanno avuto Bertinotti ma nemmeno hanno la parola stessa, giacché “désistence” (con questa particolare applicazione) ce la siamo inventati per questo pezzo e “désistement” non è proprio esattamente corrispondente nell’uso, lo faranno per davvero. E magari la spunteranno. Scoccia molto dirlo, per via di rivalità antichissime, ma ne deriva che quindi i francesi sono intelligenti. La prossima volta, opposizioni italiane, siate come i francesi, siate intelligenti.

Ossigeno

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